Santuario di Diana Nemorense

Santuario di Diana Nemorense

Molti studiosi si sono occupati, a partire dal XVI secolo, del Santuario di Diana Nemorense.

Il primo rinvenimento, avvenuto nel 1550, consiste in una dedica a Diana – Vesta, ora ai Musei Capitolini di Roma.
Le prime indagini archeologiche risalgono invece al secolo successivo, realizzate su commissione del marchese Frangipane, proprietario del terreno. Si riportarono alla luce numerosi materiali votivi, i nicchioni semicircolari ed il recinto sacro. Dalla fine del 1700 alla fine del 1800 l’intera area del Santuario è soggetta a continui scavi e ricerche che smembrano completamente l’ingente patrimonio venuto alla luce. Parte dei materiali rinvenuti sono oggi proprietà del museo di Copenaghen, del Comune di Palma de Mallorca, del museo di Nottingham, del museo di Boston, del Museo Archeologico Nazionale di Villa Giulia a Roma e del museo dell’università di Philadelphia.
Nel 1895 l’antiquario Eliseo Borghi organizzò in contemporanea gli scavi al Santuario ed il tentativo di recupero delle Navi Romane realizzate da Caligola che si trovavano nel lago.
Lo Stato italiano promuove nel 1924 indagini archeologiche al teatro ed agli edifici termali presenti nell’area sacra, che vengono in un secondo momento rinterrati.
Nuove campagne di scavo sono condotte a partire dal 1989 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. Queste sono concentrate principalmente nell’angolo nord – orientale della terrazza interna al recinto a nicchioni, nelle celle donarie, presso il tempio e sulla terrazza superiore.
L’area del santuario, frequentata già a partire dalla media età del Bronzo (XV secolo a. C.), assume in epoca arcaica una forte valenza politica, in quanto diviene il centro federale delle città latine riunite presso il LucusFerentinae o Bosco Ferentino, localizzato sul Monte Savello, ad Albano Laziale (RM).
L’aspetto attuale del complesso è ascrivibile alla fine del II secolo a. C., quando assume un impianto monumentale e scenografico, analogamente a quanto avviene nei santuari di Giunone a Gabii, di Giunone Sospita a Lanuvio, di Ercole Vincitore a Tivoli, della Fortuna Primigenia a Palestrina e di Feronia o Giove Anxur a Terracina.
La strutturazione dell’area sacra durante la fase monumentale prevedeva la presenza di un impianto scenografico costituito da tre terrazze che si articolavano in vari elementi, messi in relazione all’ambiente naturalistico circostante.
La prima terrazza era costituita da variecostruzioni.Su quella mediana si trovavano: un recinto a nicchioni che correva su tre lati, al cui interno vi era un altro portico colonnato con decorazione ad intonaco dipinto; le celle donarie; il teatro; le terme; gli ambienti per i sacerdoti; il tempio. L’ultima terrazza presentava vari ambienti con fontane, che prendevano acqua non soltanto dal Ninfeo sovrastante realizzato dall’imperatore Caligola, ma anche dalle sorgenti che scorrono nella parte alta della vallata.
Per quanto riguarda i luoghi legati al culto, il lucus ritagliato all’interno del bosco sacro viene sostituito intorno al IV secolo a.C. dal primo tempio dedicato a Diana Nemorense, costituito da un’intelaiatura lignea protetta da decorazioni in terracotta. Successivamente compare il primo edificio in pietra, che presenta varie fasi costruttive, delle quali resta testimonianza in fondazione e parzialmente in alzato.
La frequentazione del santuario arriva verosimilmente al IV secolo d.C., anche se a partire dal II secolo d. C. ne inizia il declino.In seguito, all’avvento del Cristianesimo, viene abbandonato e spogliato delle sue decorazioni.

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06 936 5011 (segreteria del comune di Nemi)

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